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iv - una cena d'alboino re |
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Fragili fiori piú che colonne
chiamâr, codardi! le nostre donne;
le disser liete, superbe e belle,
ma tutte ancelle!
25E al vil susurro dell’orgia rea
Rosmunda bella forse gemea,
per colpe orrende non ancor fatta
di quella schiatta.
— Prenci e baroni, paggi e scudieri,
30ecco il piú bello de’ miei pensieri. —
Cosí, nell’ebro furor del vino,
parla Alboino.
— Vedete questa, che ho qui d’accanto,
lieta, superba? che mi ama tanto?
35La vera gemma quest’è, per Dio,
del serto mio.
Vuoi tu trapunta d’oro ogni veste?
trecento all’anno banchetti e feste?
Ricca è l’Italia, ma ricca assai:
40chiedi, ed avrai.
Ma, poiché denno questi miei prodi
nei lor castelli dir le tue lodi,
e notte e giorno render gelose
fanciulle e spose;
45sien dunque istrutti d’ogni tuo merto.
Che tu sei buona, frate Roberto
l’ha predicato. Che tu sei casta,
io ’l dico, e basta!