Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/14

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8 i - edmenegarda

145rimovea da quei fior, seco pensando:
— I figli miei non vi torranno, o meste
urne, l’unica gioia, onde si mostra
liberale alle stanche ossa la terra! —
E sospirò come chi pensi al prezzo
150d’una cara pietá nei faticosi
dì del dolore.
Un suo bimbo, seguendo
con trepido desio per quella costa
il voi d’una solinga farfalletta,
in una zolla incespicò.
Vi narro
155comuni istorie: ma son questi i lievi
stami che annodan l’avvenir.
Sorgiunse
tempestiva la madre e il vispolino
trepidando garrí. Ma, in quelle strette
paurose dell’anima, non vide
160che disciolto da’ polsi un vezzo d’oro
nelle morbide zolle era caduto.
Con certo vago noncurar dipinta
su vi splendea l’immagine d’Arrigo,
bruno, superbo, dispettoso e bello.
165Giorno e notte compagno ella si tenne
quel diletto ornamento; ed or tra l’erbe
miste d’un giglio egli smarrito giace
presso l’avel di giovinetta ebrea,
morta d’amore. Ricomposti alquanto
170i conturbati spiriti, s’accorse
Edmenegarda della rea ventura,
e ne tremò come di lungo affetto
che improvviso si rompa. E il suo fanciullo
riguardò corrucciata.
— Oh tu perdesti,
175mamma, il tuo vezzo!
— E tu cagion ne sei.