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10 i - edmenegarda

210il giovine Leoni.
Era di casa
patrizia nato. Tra follie consunse
l’etá ridente. Nelle bische, ai balli
splendea su tutti e beffeggiava il casto
sospir dei fidi o non felici amanti.
215Ma nel viso gentil d’Edmenegarda
un dì scontrossi e ne tremò. Del suo
turbamento si rise, e non pertanto
anelò rivederla: e una cocente
torbida fiamma al fatuo cor s’accese.
220Da quell’ora solingo egli passeggia;
non piú lieti convegni, orgie notturne,
riso e feste d’amici. Arde il leggiero
schernitor degli affetti, arde. La cerca,
la perseguita ovunque, e, se per caso
225un lampo de’ suoi belli occhi rapisce,
gela ed avvampa di convulsa ebbrezza.
A lui la notte, in pria fredda e deserta,
or tutta è un sogno del celeste viso,
e il giorno un’acre voluttá superba
230di ricomporlo nell’ardente idea.
     E come in quell’istante ogni movenza
d’Edmenegarda, e le fuggenti trecce,
e il fluttuar degli scomposti veli
ei divorava !
— Quanta cura!... Or dunque
235smarrito ha il paradiso? —
E anch’ei si pose
sdegnosamente a ricercar. Né appena
l'orme e gli occhi per caso avea sospinti
presso l’avel della fanciulla ebrea,
che sotto al gioco dell’obliqua luce
240un lampo uscì dalle non peste zolle.
Il vezzo è giá nella sua man. Vi scòrse
le sembianze d’Arrigo. A Edmenegarda
volò.