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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/17

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canto primo 11

     — Guardate!... Io lo trovai!... Guardate.
Aman tutti, ed io solo, io senza amore
245passerò dalla terra! —
E, nei convulsi
moti dell’ira il fatal vezzo infranto,
gittollo ai piedi della donna e sparve.
     Fu l’opera d’un punto. Ella non seppe
domar gli occhi; il mirò; di nessun’altra
250cosa le calse; piangere l’intese...
E a goccia a goccia, come piombo ardente,
nei tumulti del core impaurito
senti stillarsi quel terribil pianto.
     Ne gemettero gli angeli. Percossa
255quell’infelice dell’orrendo caso,
si stringe a’ figli; ma sudor le gronda
la chioma e il volto, e gelido è l’amplesso.
Tenta pensar d’Arrigo, ma turbata
le traballa l’imagine alla mente;
260tenta pregar, non puote. Intorno gli occhi
slancia tremando; li raccoglie ai figli.
Gli apre, gli chiude, misera! non puote,
e gli apre ancora avidamente e cerca...
Chi?... Piangetene, o cieli!
Consumata,
265consumata nell’anima è la colpa.
Ed ahi sì presto !
Che misteri asconde
di dolor, di fortezza e di peccato
questa superba e lagrimabil creta!
Tu pregherai, tu penserai, ma indarno.
270O Edmenegarda, il demone con molte
fatiche ha comperato la sua preda;
per anni molti ei la vorrá. Che importa,
se tu ti slanci al tuo legno fuggendo?
Che importa, se la bruna navicella
275va come lampo, e pur gridi affannata