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canto secondo | 17 |
— Oh così fosse!
Perché trarmi dal core anche il rimorso?
— No, Edmenegarda! Non lo dir! Ma vedi!
Vedi come per te cieco son fatto!
Questa indomita febbre è la mia parte
120d’aria e di sole. Io morirei senz’essa.
Credi, non sente amor chi lo divide!
Edmenegarda mia, vile io non sono!
Questi crudi, che a voi, povere e frali,
insegnaron la colpa, e poi non sanno
125sentir la gioia dell’avervi intere,
paghi d’un bacio che a sbramar li venga,
questi tutti son vili! —
Dallo sguardo
d’Edmenegarda, ai concitati accenti,
lampeggiò l’allegrezza, e intorno al collo
130gli ripose le braccia; e figli e sposo
svaniron lenti dalla sua memoria
sotto il vel dell’oblio, che il novo affetto
continuatamente iva tessendo
piú fitto sempre.
Ma sorrider lieta
135giá non sapeva.
— Oh mio Leoni ! Infauste
giornate il cor mi presagisce. Ah sempre
amami, sempre com’io t’amo; e queste
parole mie non obliar. La terra
mi tesserá dolori, avvilimenti;
140io sarò forte a sostenerli. In core
mi languirá la prece, e disperata
io non cadrò. Se mi mancasse il pane,
non saliranno i miei lamenti a Dio;
me l’avrò meritato! Ma, se mai
145tu... mi lasciassi...
— Angiolo mio ! Quai fole
per la mente ti passano? Sorridi,Testo in corsivo
G. PRATI, Poesie
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