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260 viii - da «storia e fantasia»

     Oh, allegra primavera,
come oramai mi sento
altro da quel ch’io m’era!
     25All’occhio infermo e lento
si semina di stelle
indarno il firmamento.
     Son dissipate ancelle
dalla nativa casa
30le mie canzon piú belle.
     L’alma di tedio invasa,
vinta a nefande lotte,
è come selva rasa,
     sulle cui piante rotte
35riposa il ladro, e rugge
il vento della notte.
     La mia ragion si strugge
in campo d’ombre; e il senso
fin del dolor mi fugge.
     40Or che son io? che penso
a questo mondo in faccia
e a questo cielo immenso?
     Ferrea catena allaccia
lo spirito infinito
45e le impotenti braccia.
     E son nocchier smarrito
in barca, che si spezza
per mar che non ha lito.
     Dell’onde sull’altezza
50il Tempo mi deride
e a disperar m’avvezza.
     Perché, perché mi stride
la livida tempesta
sul capo e non m’uccide?
     55Ahi! la mercede è questa
del vagheggiato sole,
che m’è sepolto in testa.