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tedio e primavera 261

     Sulle innocenti aiuole
io seminai sospiri,
60e non mietei che fole.
     Ah! nei suoi vasti giri
altro non è la terra
che un astro di martiri.
     dove si piange ed erra,
65sin che una zolla breve
o un sasso vil ci serra!
     Né la cadente neve,
né la nascente rosa,
né l’aura fresca e lieve,
     70né fama gloriosa,
né dei rimasti i lai,
né ogni creata cosa,
     né il vasto ciel co’ rai,
né il mar colla sua voce
75ci sveglierá piú mai.
     Questo è il pensier che coce,
questo è il calvario orrendo,
questa è l’orrenda croce.
     Io giá su lei mi stendo,
80e nell’iniqua fossa
pria di morir discendo.
     E queste polpe ed ossa
si disfaran, siccome
fronda dal ramo scossa.
     85Or che mi giova un nome
e un maladetto alloro
sulle tradite chiome?
     Sogni e fantasmi d’oro
il mio guanciale han cinto:
90dovrò sparir con loro.
     E sul caduto estinto
sorriderá la Morte,
come al cader d’un vinto.