205Quando tu pensi a vespero
l’inno, sommessa io vegno
su l’orme tue, di raggi
vestendoti l’ingegno;
l’aura de’ miei linguaggi 210spargo sul tuo sentier;
e, se tu scontri un raro
fior nei terrestri maggi,
è un fior ch’io lascio, o caro,
dal velo mio cader.
215Son io, che alla tua cetera
lá dal mio ciel recai
nervi d’amor segreti,
né tu il sapesti mai;
e mi condussi i lieti 220tuoi canti ad ascoltar,
delle tue rupi in dorso,
al fischio degli abeti,
de’ cavrioli al corso,
dell’aquile al rombar.
225Son io, che in mezzo ai tumuli
di Grecia e Italia siedo.
E sovra lor pensoso
pio pellegrin ti vedo,
baciando il glorioso 230lor sangue, impallidir.
E anch’io di pietra in pietra
volo, fantasma ascoso,
quel sangue e la tua cetra
di lauri a ricoprir.