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xii - la mia cronaca di porta 289



     Dafni una volta e Fillide
50cantai, del Zappi a modo,
e il molle ovil dei Titiri
si liquefece in brodo.
Ma dai novelli troni
i torbidi Platoni
55sentenziar che pecora
nacqui e dovrei morir.


     Allor destai de’ pallidi
fantasmi la famiglia,
e l’antro de’ romantici
60muggi di maraviglia.
Ma i Pindari e gli Orfei
de’ logori Atenei
colle titanie folgori
m’han fatto impallidir.


     65Poi sulla terra apparvero
scòle, congressi, asili,
metodi ed altre olimpiche
buffonerie simili.
E allor perdei la scrima
70del verso e della rima,
e in quel concilio d’aquile
nessun mi numerò.


     Belava un’effemeride:
«Volgi ad amor gl’inchiostri!».
75Ruggiva un periodico:
«Vendica i dritti nostri!»
Sclamava una rivista:
«Canta materia mista!».
E il suo bastardo simbolo
80ognun mi balbettò.