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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/42

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36 i - edmenegarda

del sospetto discendere!... Follia!
Ma inumano è lo strazio. E in un dì solo
io quest’inferno dissipar potrei.
225Tanto è ch’io peno! E in un sol dì la vita
potrei mutarmi in paradiso eterno! —
     Lieve una piuma a traboccar bastava
quella bilancia, e non tardò la sorte
a gittarvela su.
Giá il piè d’Arrigo
230monta la prora, giá la corda è sciolta:
ei volse il capo... e fu per caso; e sopra
la man passovvi; e vide... e non s’illuse...
vide colui, che con pupille ardenti
lunge, in agguato, a contemplar lo stava.
     235Leoni sparve. Arrigo si raccolse
un istante: ha risolto. A terra scese;
la via rifece; per ignota parte
entrò; salì non visto: in una stanza
orba di lume si celò; la fronte,
240quasi per molto faticar, gli cadde
sull’ansio petto; e un’onda di pensieri
lunghi, ostinati gli muggia d’intorno.
     Immenso amor, vergogna, ira, sospetti,
e terrori e speranze, eran commiste
245quasi in un vario e vorticoso nembo
di tenèbra e di luce; e dentro a quella
tempestosa meteora, spiando,
stava l’inglese all’infernal tortura.
Ogni piè, che sonasse alle sue scale,
250gli era un colpo nel petto; ogni persona,
che arrivasse, una morte. E in pochi istanti
ore ed ore passarono. Arrossiva
giá di sé l’infelice... allor che un’orma
rapida intese. Ei trema; la pedata
255si ferma all’uscio; e l’uscio s’apre; ei guarda,
misero! guarda; e vede un’ombra... un uomo...