e lucenti ottomane, e sulla terra
morbide pelli a render muto il passo;
e sulle mura le dipinte imprese
di dame e cavalieri, e di Gulnara 250sulle ginocchia del corsaro il pianto,
e il bel crociato che in un roseo nembo
all’amoroso susurrar dei rivi
bacia i grandi e lascivi occhi d’Armida;
e pendule dall’alto a mezzaluna 255lampade vaghe a illuminar le mense,
e argentei vasi, e d’alabastro e d’oro
splendide conche, e bei volumi e fiori
sparsi, confusi, ondoleggianti... e un molle
aere indistinto, una fragranza intorno, 260un’armonia da rinnovar l’Eliso.
Fra tanti vaghi e graziosi aspetti
ella felice si credea. Ma sempre
quella nube fuggevole, quel moto
misterioso, che la fea, per forza, 265tornar crucciata sui passati tempi.
Indi l’acre piacer dell’adornarsi
le riassalse il cor. Donna, per quanto
scaduta sia dalla sua bella altezza,
anco nell’onda di cocenti affetti, 270serba sempre un amor per la sua veste.
Fors’è quel senso di pudico orgoglio,
che le insegna onorar la piú gentile
delle create cose. Il desir novo
indovinò Leoni; e benedette 275fûr le ricchezze dal felice amante.
E ondosi drappi e gonne agili e bianche,
come piuma di cigno, e argentei veli
e malinesi e batavi trapunti,
e lane arabe e perse, e nastri e gemme,