Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/60

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54 i - edmenegarda

— Nulla. —
Da un cespo
470ella colse due gigli, ed un lo pose
con umil vezzo al suo Leoni in petto.
Ma quei senza badar, foglia per foglia,
lo stracciò con le labbra, e il nudo stelo
lasciò cadersi, sospirando. Anch’essa,
475a quella vista, il suo bel fior distrusse,
con riboccante d’amarezza il seno,
e nessun piú parlò.
Che lungo sogno
quella notte la assalse!
In pria, da lunge,
come in vaghi ricordi, una dimora
480nota le apparve, e due giovani amanti
e due vispi fanciulli avvicendarsi
baci e carezze di celeste affetto.
Indi una barca, uno smaniglio infranto.
E colpevoli fremiti e fulminee
485voci dai labbri d’un fantasma uscite.
Poi mutò quella scena. E patimenti
lunghi intravide, e care cortesie,
e ritorni alla vita, e ricambiati
baci d’amor; ma tra quei baci un ghigno,
490che le scagliava senza posa il mondo.
E ancor novi fantasmi. E il fragoroso
suonar d’un cocchio; e nell’obliqua fuga
cittá, ville, castella e colli e monti
e pianure e torrenti. Alto un tripudio
495di cacce e prandi; libera una pompa
alle danze, alle corse; e in quella vita,
che parea venturosa, il verme arcano
a corroderla sempre. Uno spavento
fea trabalzar sulle agitate piume
500la sognatrice; ma durava il sogno,
che del futuro le squarciò il velame.