ben fu com’aura, che vagasse intorno,
cercando i fiori dell’eliso antico.
Ma non trovò che nude alighe e pruni,
e dileguò, gemendo. Alfin dei tempi 540destinati da Dio l’ora è suonata.
Leoni ha risoluto. Aspre le pugne,
fieri i tumulti, amaramente mista
la vergogna al dolor, morto il passato,
l’avvenir senza speme, e messi in fondo 545il nome e la fortuna, ha risoluto.
Strascinerá vituperato i giorni
sotto altro ciel. Piú volte quel codardo
meditò di morir. Ma amor lo vinse
della misera creta ond’era cinto, 550non terror del misfatto, e ruppe il ferro.
Non fugge infamia. Dell’infamia il nome
sol può mutar. — La stolta ira del mondo
mi percota. Che importa? Non è campo
tra noi per misurarci. Ahi, la perduta 555giovinezza del cor! Questa è la spada
che ferisce profondo. E i lieti giorni
non potran piú rinascere... Ed io solo
fui, che li uccisi! Ed altre vite, ed altri
estinti amori ; e lacerato il nodo 560d’anime mansuete; e la materna
felicitá d’un angelo!... Ah, la morte,
ch’io non so darmi, saría pur pietosa,
se mi venisse a liberar da queste
dure battaglie! Ancor quest’oggi il pane.... 565ancor quest’oggi. E poi?... No, no. Sull’onde
getterò la mia vita. Io piú non voglio
ascoltar quella voce. È orrenda cosa
ascoltar la sua voce! Oh le tempeste