Lunga una febbre il giovane 20mio cor suggeva; e dal tumulto ho tòrti
gli occhi, schifando; e piacquemi
la nuda terra e i giorni senza sol;
e fu mia gioia, sotto ai rami morti,
pestar le foglie inaridite al suol;
25e su nevose imprimere
pianure il passo; e d’una rupe in alto
giú dirizzar la folgore
del mio moschetto al sottoposto pian,
e perigliar dietro la fiera il salto, 30perché piagata io non l’avessi invan!
E cosí solo e immobile
stetti talvolta, sul morir del giorno,
da bruna punta inospita
qualche errante fiammella a contemplar 35giú nella sparsa valle, a cui d’intorno
poi s’avvolgea di gravi nebbie un mar.
Dimmi, o pastor: tra i lucidi
massi e le ghiaie, ove diroccia il fiume,
mai non udisti un súbito 40fischio e di passi un concitato suon?
Quei cupi accordi, delle stelle al lume,
eran gli accordi della mia canzon!
Cantai, come nell’anima
venivan gli estri, e, distillanti i crini 45per le rugiade, all’erema
falda io sedea d’un tacito castel;
e m’ispirava il crepitar dei pini,
e l’ombra e il vento e della notte il vel;