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86 ii - dai «canti lirici»



     Lunga una febbre il giovane
20mio cor suggeva; e dal tumulto ho tòrti
     gli occhi, schifando; e piacquemi
la nuda terra e i giorni senza sol;
     e fu mia gioia, sotto ai rami morti,
pestar le foglie inaridite al suol;


     25e su nevose imprimere
pianure il passo; e d’una rupe in alto
     giú dirizzar la folgore
del mio moschetto al sottoposto pian,
     e perigliar dietro la fiera il salto,
30perché piagata io non l’avessi invan!


     E cosí solo e immobile
stetti talvolta, sul morir del giorno,
     da bruna punta inospita
qualche errante fiammella a contemplar
     35giú nella sparsa valle, a cui d’intorno
poi s’avvolgea di gravi nebbie un mar.


     Dimmi, o pastor: tra i lucidi
massi e le ghiaie, ove diroccia il fiume,
     mai non udisti un súbito
40fischio e di passi un concitato suon?
     Quei cupi accordi, delle stelle al lume,
eran gli accordi della mia canzon!


     Cantai, come nell’anima
venivan gli estri, e, distillanti i crini
     45per le rugiade, all’erema
falda io sedea d’un tacito castel;
     e m’ispirava il crepitar dei pini,
e l’ombra e il vento e della notte il vel;