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LXXXIX

AURA DI CIEL

Non è drappo né fil che in terra nasce
quella tua vesta bianca come neve;
ma è ben lume di ciel rorido e lieve,
quale al fiorir dall’alba il giglio pasce.
E tai furon le tue morbide fasce,
non prigion, come l’altre, amara e greve
e tal l’abito fía, quando fra breve
tu migrerai da le terrene ambasce.
Tutta un’aura di ciel soave e bianca
è destin che tu paia, allegra o mesta,
viva o pensosa, innamorata o morta.
E giá mi par che tu, soletta e stanca,
con intorno la tua candida vesta,
in atto di partir, stai su la porta.

XC

SIGARO

Bruno sigaro mio, che mi circondi
della tua bianca nuvola odorosa,
mentr’io col mio pensier vo senza posa
pellegrin da la turba in altri mondi;
me, cui punge il desio de’ vagabondi,
tu segui in terra e in mar quant’è la rosa
de’venti; e meco or questa or quella cesa
frughi, o l’immenso mio tedio secondi.
E se in vane querele i’ mi consumo,
tu m’avverti, fumando, a non crucciarmi,
però che tutto su la terra è fumo.
E alfin, non che viltá ti trascolori,
brilli al gran passo. Ond’io ti lodo in carmi,
picciolo stoico, che, brillando, muori.