Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/28

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Ei le fe’ intorno un vincolo
delle infocate braccia,
115si arrovesciò sunli òmeri
l’esanimata faccia;
e per obliqui calli
traversò monti e valli,
e i lampi illuminavano
120di quei due spettri il voi.
Quindi Satán, lo spirito
mastro d’eterni inganni,
piangea su lei. Sfiora vane
col lieve labbro i panni.
125E fe’sonar d’intorno
tutta una notte e un giorno
canti e sospir, da affliggerne
la bianca luna e il sol.
Ma tutto è invan. Quell’orrido
130allor si risovvenne
del loco ov’ella i fremiti
primi d’amor sostenne.
Era un burron stellato
di sette gigli e ombrato
135sol da una quercia; e al baratro
s’udia giú l’onda urlar.
Fu con tre passi ai ripidi
rocchi di Lanzo il vago.
Ella conobbe il rovere,
140i fiori e la vorago.
E, collo sguardo fisso
di lá dal tetro abisso,
sciamò rapita:—Ah! recami
quei gigli a ribaciar.