Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/52

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levossi in ira, e m’agitò spavento
dell’esser nato. E, in riguardar le orrende
are selvagge, e in odorar quel denso
540vapor di sangue, io dissi: — Ancor non nacque
sulla terra un mortai, cui la natura
fesse vindice suo? Deh! se m’arrida
il destino e l’evento...—
E da quel giorno
arti, studi, pcnsier posi in un voto
545arduo cosi, che mi sembrò talvolta
sogno od insania. E non fu insania o sogno!
Crebbi soldato, alla mia gente piacqui,
capitan de’ suoi brandi ella mi tolse,
e volli un giorno di battaglia, e l’ebbi,
550e ho pugnato, e l’ho vinta, e or mi s’inchina
questa barbara Libia. Ecco la stella
del mio destino alla sua gran salita.
Impor la legge è dritto mio. Nel nome
della oltraggiata umanitá la impongo.
555Abbia questa selvaggia Africa pace,
se il rito infame abolirá. Se il niega,
guerra c sterminio. E sui riversi altari
maculati di bai baro olocausto
scalpiterá la sicula cavalla,
560turbineranno i nembi ossa ed arene,
piú voce d’uom non ferirá il deserto,
nelle puniche ville inabitate
faranno i pardi e le pantere il nido,
e avrá Ielón sulla nefanda razza
565vendicati gli dèi.
Questo a Cartago
portino i messi, e narreran le pugne
d’Imcra, e imparerá l’Africa infida
a provocar di Siracusa i numi. —
L’ultime note consegnò al papiro
570Ielón, gloria del mondo. E i due legati