Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/51

Da Wikisource.

505con sigilli di sangue. Interrogai
labbra vive e sepolte, e m’han risposto
che tal fu sempre, e la ragion nel chiuso
grembo di Giove.
E veramente debbe
esser cosi. Misterioso è tutto
510sopra la terra, anche il furor dcH’uomo.
Pur io, pur io mi consolai nel sangue,
né rimorso m’offese. Arco e faretra
portai fanciullo, e la ferina preda,
che nell’avide man mi sanguinava,
515non mi fece tremar. Dunque un arcano
dritto accompagna la faretra e l’arco
del cacciatore. Mi lanciai tra l’armi,
ruppi il petto dell’uom; né reo per questo
mi sentii, né mi sento. Un dritto enorme
520dunque è la guerra, e la famiglia umana
lo riceve e l’applaude.
All’omicida
degli spruzzi nefandi imporporate
mirai le vesti, e inorridii. Fuggiasco
vidilo, e dissi: — È in abbominio ai numi! —
525E, quando ruppi all’uccisor la gola,
Nemesi insupplicata, orror non ebbi
di quel secondo sangue, e pensai meco:
— Forse è un dritto dell’uom. —
Piogge all’Olimpo
chiesi a purgar quel sangue, e la mia vita,
530pur da cupe mestizie esercitata,
in silenzio correa. Quasi era pace
quel mio lento cammin per questa valle
dell’antico dolor.
Ma, quando vidi
sull’empio altare, tra le pompe e il pianto,
535l’uom dall’uomo immolarsi, e della strage
far complici gli dèi, tutto il mio sangue