Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/54

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600dall’ardor della pugna i fuggitivi
per l’Euráco ei seguia. Lassú fu preso,
e il voleano immolar. Ma questo antico
augure, che qua scemi ad adorarti,
persuase ai feroci altro consiglio.
605E, dicendo di te, nelle cui mani
stavan di Libia i fati, e che trarresti
di ciò vendetta, e ch’era meglio il prode
renderti salvo per averti mite,
ambo arrivar nella mia tenda. Ed io
610volli guidarli, onde abbracciar l’insigne
mio fratei d’arme, il vincitor.
— Vincemmo,
Terón, del pari. A funestar la bella
vittoria nostra, ah, non tramonti il fato
di questo prode! E tu, punico saggio,
615torna all’Euráco, e porta ai capitani
d’Africa tua che una gran preda han reso,
oggi, a Ielón, cui non potrien le gemme
pagar dei mari.
E poi, franco di ceppi,
come il contento vincitor tei dice,
620riedi al deserto. E sappiano le madri
cartaginesi che Ielón quest’oggi
farle dolenti non avria \oluto.
Ma che pel grembo e per li dolci nati
piú, d’ora in poi, non tremeran; ché Lare
625dell’umano olocausto io co’ miei brandi
oggi stesso ho disperso; io, quel nemico,
contra cui tanta prole han rovesciato.
Ultima spero, se ne’ vostri petti
pudor s’annida. E tu, se il tuo crin bianco
630ti fece il core, insegna a’ tuoi che questo
ai’borrito sicán, ch’oggi li ha vinti,
pur patteggiò per ogni tempo e stirpe,
anche per essi. E che mal scende a Fiuto