Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/55

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chi ’l benefizio degli dèi ricusa. —
635II punico vegliardo a’ piè gittossi
di Ielón lacrimando. Avea veduto
strapparsi, un tempo, dalle inermi braccia
una sua verginella, e, cinta il capo
d’infauste rose, all’orrido coltello
640dar la candida gola ed oscurarsi.
Alla figlia Ielón gli occhi affannati
e alla pia sposa e al suo guerrier portando,
cosi li congedò.
La tremebonda
Cora intanto spandea sul freddo viso
645di quel caro giacente i conturbati
veli e le trecce, e sulle ceree palme
gli alitava la vita.
— Apri. Leucippo,
questi lumi, una volta. È la tua Cora,
che ti prega e ti chiama. È ben la voce
650che ti fu cara un tempo. A me s’aspetta
di sanar queste piaghe o qua morirti
al dolce collo avvinta. —
Il vulnerato
divinamente i languid’occhi aperse;
e con la man le ricercò le chiome,
655in soave delirio, e con la bocca
accennò di baciarle. Un cheto sonno
quindi Io colse, e ralleni l’amaro
duol delle piaghe.
Nelle membra inferme,
fosse d’amor portento o di natura,
660lenta ma dolce rifluia la vita.
Cora e la madre invigilar l’amato
capo hanno assunto.
Di Ielón la soglia
tutta splende di palme e di trofei,
e il popolo s’addensa ad adorarla.