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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/135

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della delinquenza (1), ed insisteva perché il problema fosse impostato colla più scrupolosa obbiettività, procurando di far astrazione agli interessi particolari che ne ottenebrano l’esatto giudizio (2).

Ma la conferma più categorica ad un ordine di idee “tanto con- trario alla politica proibizionistica ci é offerta da uno studio recen- tissimo, in cui un altro ex-commissario dell’ufficio di Ellis Island sot- topone a nuovo esame, con competenza veramente speciale, l’intiero problema, giungendo a conclusioni che superano in ottimismo quanto di più favorevole fu scritto per ’innanzi, da penna europea od ame- ricana, sull’argomento (3).

Il chiamare gli immigranti un’orda, premette l’autore, da l’im- pressione di un quadro spaventevole; riferirsi ad essi come ad una turba invadente da l’idea d’una pestilenza, e indicarli individual- mente quali sheenies, dayoes, unni e slavoni, incita alla derisione. Non vi é nulla di pit comune, in conversazioni private e discorsi pub- blici, che usare tali soprannomi con insistenza tale da influenzare la pubblica opinione; il che, senza dubbio, crea una preoccupazione infondata ed irragionevole. Gli attenti e spregiudicati osservatori sono invariabilmente venuti alla conclusione che i vantaggi dell’ immigra- zione non sogliono generalmente esser posti abbastanza in rilievo, mentre gli svantaggi vengono enormemente esagerati. Questi consi- stono essenzialmente in ciò che potrebbe chiamarsi « lo spurgo e il rifiuto », che necessariamente si accumulano in una cosi vasta cor- rente, e nella cosi detta congestione dei nostri centri già affollati.

Ora, ammettendo che questi siano svantaggi, non ne segue che le condizioni descritte siano dovute interamente all’immigrazione che esse siano tanto nere come si dipingono. Uno dei continui argo- menti contro l’immigrazione attuale é ch’essa proviene da regioni d’Europa la cui popolazione differisce, in molti punti importanti, da quelle che fornirono gli emigranti in epoche passate. Si insiste sul

fatto che essi si distribuiscono sopra un’area troppo limitata, che



  1. (1) Cfr. Publications of the American Statistical Association. New Jersey, n. 24. pag. 447 (dicembre 1893), citato in Hatt, Immigration, pag. 147.
  2. (2) Cfr. Emigration and immigration. New York, 1892, pag. 278. Nello stesso ordine di idee é il recentissimo articolo di Grace Apsot, “ A study on the Greeks of Chicago , in The American Journal of Sociology, vol. XV, n. 3 (novembre 1909), in cui 1’A. riconosce le ottime qualita di questo elemento, generalmente giudicato undesirable, e lo dimostra ufile e perfettamente assimilabile, purché 1’ opinione americana si astenga da comfannarlo in massa e cerchi invece di favorire l’azione educativa che puo esercitaré su di esso un ambiente benevolo e propizio.
  3. (3) Gfr. R. Warcuorn, “ The truth about immigrants , in Metropolitan magazine, vol. XXX, n. 4, luglio 1909. Ne da un largo riassunto il Boll. emigr., 1909, n. 17.