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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/226

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CAPITOLO VI.


I limiti dell’intervenzionismo di Stato in tema di immigrazione.



Lo studioso che dall’esame obbiettivo del fenomeno dell’immigrazione e dalle considerazioni ch’esso suggerisce volesse assorgere a un criterio sintetico complessivo, fissando in termini precisi i limiti che s’impongono all’azione legislativa in questa materia, troverebbe ben poche autorità a cui appoggiarsi tra i grandi maestri della scienza economica.

Perfetto è al riguardo il silenzio dei classici. Nè Smith, ne Ricardo, nè Stuart Mill, nè Bentham dedicano pure una parola all’argomento, rispetto al quale tacciono ugualmente il Cairnes, e i capi della scuola francese. Un accenno incidentale al problema fa, per vero dire, il Fawcett (1); ma, dopo di lui, non ostante l’importanza assunta dalla questione sullo scorcio del XIX secolo, nessuna attenzione le accordano, nei loro trattati, gli autori delle più: opposte tendenze, dal Pierson al Leroy-Beaulieu, dal Pareto allo Schmoller, dal Graziani al Nicholson, dal Gide al Loria. L’unico tentativo di analisi teorica del soggetto troviamo nel recentissimo, pregevole corso del Colson (2), il quale del resto se ne sbriga anch’egli con sobrie, bencheè sensatissime, considerazioni. Di monografie riguardanti il fenomeno da un punto di vista dottrinario e nel suo complesso non ne conosciamo alcuna, astrazione fatta dagli articoli, più volte ricordati, di Herbert Samuel, e di Gustav Seibt, e di un breve, né molto significante, scritto di L. Ratto (3).

Abbastanza copiosa è già, per compenso, la letteratura speciale, che considera il problema limitatamente ad un dato ambiente od a razze o territori particolari; ma non sempre la qualità risponde



  1. (1) Cr. The economic position of the British labourer, pag. 251 e segg.
  2. (2) Gfr. Cours d’èconomie politique, vol. II, pag. 39 e segg.
  3. (3) Gfr. “ Il problema internazionale dell’emigrazione , in Rivista d'Italia, 1906, II pag. 958 e segg.