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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/227

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all’abbondanza; né è raro il caso di autori che si copiino quasi letteralmente, o che, come p. e. il Monnier, imbastiscano volumi sulla semplice parafrasi di alcuni documenti parlamentari poco noti alla generalità del pubblico.

Quanto alle opinioni che ne emergono, esse appaion naturalmente assai discordi. Il lettore però che ci abbia seguito nello spoglio abbastanza minuto in cui ci siamo indugiati crediamo non vorrà contraddirci se affermiamo che tutti coloro i quali trattaron la questione da un punto di vista rigorosamente economico non esitarono a ritenere col Samuel che il silenzio dei classici doveva interpretarsi nel senso d’una inevitabile applicazione del principio generale del laissezfaire.

Non é privo di significato il fatto che il protezionismo della mano d’opera nacque e si svolse precisamente negli ambienti dove l'ignoranza delle dottrine economiche è più grande: l’Australia, dove lo stesso Albert Métin, non certo prevenuto a favore della scienza ortodossa, meravigliava della puerile povertà d’argomenti teorici con cui si sostengono dai due lati le polemiche sulla legislazione sociale (1); e gli Stati Uniti, rispetto ai quali basterà citare le parole del Bryce (2: « Le legislature degli Stati sono dei corpi coi quali è facile tentare delle esperienze legislative, perché composti d'uomini poco versati nell’economia politica, incapaci di prevedere le conseguenze, anche le più prossime, delle loro misure, pronti ad inchinarsi a tutti i capricci dei loro mandatari e disposti a cedere alla pressione di qualsivoglia gruppo il cui egoismo o la cui impaziente filantropia reclami dei principi generali di legislazione riformatrice. Per gli spacciatori di fandonie come per gli intriganti il più bel paradiso sono i corridoi dei parlamenti degli Stati. Non vi devon temere l'opposizione di uomini di governo responsabili, e non vi si fanno sentire gli avvertimenti di un cultore della scienza economica ».

Nessun dubbio riesce invero possibile riguardo alla soluzione teorica che comporta il problema dal punto di vista dell’economia astratta.

Riconoscere l’utilità che lo Stato intervenga a regolare coattivamente le condizioni quantitative dell’offerta sul mercato della mano d’opera — e ciò sia pure soltanto caso per caso e con provvedimenti revocabili e di breve durata implicherebbe economicamente il presupposto di tale una perfezione di calcolo scientifico da metterci



  1. (1) Cfr. Le socialisme sans doctrines, pag. 255 e segg.
  2. (2) Cfr. La république américaine, vol. IV, pag. 238.