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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/46

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sono agli antipodi dei concetti di responsabilità, di autorità e di dignità del cittadino bianco. Naturalizzati e investiti, come chiedono, dell’arma formidabile del voto, se ne servirebbero per minare dalla base l’edificio della libertà americana.

Sia dunque che, come i cinesi, essi sopportino impassibili ed immutabili le peggiori umiliazioni, nel convincimento imperturbabile della loro storica Superiorità, o che, come i giapponesi, si studino di imitare in ogni cosa l’ambiente in cui vivono, si tratta sempre d’una razza inassimilabile ed irreducibile, la cui influenza intellettuale, mo- rale e politica sulla civiltà bianca non può che rivelarsi perniciosa.

Il territorio che va dall’Atlantico al Pacifico, si afferma con pari orgoglio negli Stati Uniti ed al Canada, i bianchi soli hanno sco- perto, esplorato, messo in valore. Dietro la costa del Pacifico, mal popolata e debole, ci sono ottanta milioni d’uomini i quali pensano che un libero sbocco su quell’Oceano @ indispensabile al loro avve- nire, e che vogliono che tale facciata, la quale conferisce tanto valore all’intero edificio, rimanga una terra di civiltà bianca e di costumi anglo-sassoni. Il principio proclamato dal Congresso « to build up the Pacific States on a basis of white labor » non deve venir, a nessun costo, abbandonato: « From that decision there will be no turning away » (4).

Nel campo economico gli argomenti anti-mongolici posson essen- zialmente ridursi ad un solo, il quale del resto si appoggia anch’esso piuttosto a considerazioni d’indole sociale: il tenor di vita inferiore dei gialli, consentendo loro la concorrenza sulla base di mercedi, orari € condizioni di lavoro inaccettabili da operai bianchi, costituisce una permanente minaccia ed un pericolo gravissimo per quel nobile grado di standard of life che é una delle glorie dell’artigiano anglo sassone.

L’esempio delle Hawai ha dimostrato con luminosa evidenza quale sorte sia riservata alla mano d’opera superiore, di fronte alla disu- guale competizione. In tutti i mestieri nei quali i giapponesi son riusciti a penetrare, non ha tardato a prodursi la fuga generale dei bianchi. Ormai gli asiatici si son resi padroni d’ogni ramo delle indu- strie, ad eccezione soltanto delle tipografiche, che ancor non possono far a meno dell’abilita dei lavoratori inglesi, e di poche specialita meccaniche e metallurgiche.

Uno sguardo, anche rapidissimo, ai salari basta ampiamente a spiegare il fatto. Nelle piantagioni é noto che la mercede d’un giallo non arriva in media ad un terzo di quella pagata ad un bianco per

(1) Cfr. Ausernr, Améréeains et Japonais, pag. 230 e segg,