Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/191

Da Wikisource.

183

ra, e il quale bene si manifesta immaginato, o per lo meno condotto all’ultima perfezione, presso l’aule del Vaticano, e tra gl’incensi e le salmodie di Monte Oliveto.

Rinnegò dunque il Pezzoli il suo concetto, e quel primo esperimento che appena ho potuto vedere, e fu dato alle fiamme, saranno ora forse dieci anni, rimase interrotto. Mi fermo a questo rifiuto perchè assai notabile, in un giovane singolarmente. E di questi scontentamenti, che rivelano pur sempre un’anima insofferente della mediocrità, e portata da intrinseca forza alla contemplazione del bello, non mancano altri esempi nella vita di lui. Un lungo poemetto sulla caducità delle cose mondane, che doveva intitolarsi da un vocabolo alquanto strano composto di non so che frantumi di greche parole, condannò irremediabilmente alle fiamme, essendogli fatto osservare, che quanto splendida ed artifiziosa la veste esteriore della poesia, altrettanto povera era la bontà del disegno. Ci aveva lavorato quasi due anni; e duolmi avere avuto non piccola parte a quella condanna, sempre che mi ricordo quanta bellezza di particolari traluceva in quel componimento. Nel quale, oltre al resto, con mirabile vivacità si leggeva dipinto il monarca di Palestina, che, privilegiato di singolare sapienza e come oracolo consultato da lontane regine, non altro ritrasse dai pomposi edifizii che alzò, e dal disegnare giardini, ove sedessero all’ombra le giovani delizianti per la sua