Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/225

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Intenderemo le leggi del bello nella loro semplicità ed efficacia, senza il miscuglio delle misere passioni; la luce del vero arriverà al nostro cuore, senza raffreddarsi e smarrirsi traverso le consuetudini; ameremo il buono d’un amore ingenuo e disinteressato, anzi ci trasformeremo nel buono e nel bello noi stessi; apparecchiandoci, per quanto è comportato dalla imperfetta nostra condizione presente, a quella stabile metamorfosi che sarà adempimento delle nostre brame, rivelazione di tutti i grandi misterii, perfezione dell’esser nostro. È questo il vero fine cui dovrebbero mirar l’arti tutte; tale esser dovrebbe l’intenzione d’ogni poeta, il carattere d’ogni poesia. Gli avvenimenti particolari ed estranei all’università dell’umana natura, anzichè tiranneggiare menomamente i nostri pensieri, faranno le veci d’esempi; e gli ostacoli opposti dall’universo visibile e materiale, anzichè ritardarci nel nostro cammino, saranno trascinati essi pure verso l’unica meta.

Compreso di questi principii ho letto le poesie bibliche, e in esse ho trovato avverarsi questo mio desiderio, come quelle che portano in sè lo stemma della divinità, e un tale suggello di rivelazione, che possiamo bensì chiudere gli occhi per non vedere, ma cui non è possibile di non iscorgere ad occhi aperti. Molte parti di questo bello, di questo grande, di questo vero, come frantumi di un tempio antico, raccolti dalla dotta sollecitudine de’ moderni ed incastrati