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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/165

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prosa proemii, nei quali dichiarano l’intendimento o la cagione dell’opera. L’una e l’altra di queste cose, e specialmente la prima, deve apparire distintissimamente dall’opera stessa; e chi mi viene ammonendo di quello che accadrà, e del come accadrà nel corso del libro, fa l’uffizio de’prologhi nelle antiche tragedie, che spuntavano l’attenzione prima ancora del cominciare del dramma, o può essere paragonato a quei cattivi compagni di teatro, da’ quali mi scampi il cielo quando canta Giuditta Pasta o recita Luigi Vestri, che ti danno di gomito, ripetendo ad ogni ora: bada veh! sta in orecchi! ora viene il buono! ci siamo! Qualche volta ancora ti zufolano sotto voce la musica negli orecchi.

Una prefazione bene immaginata è un’arma potentissima in mano d’uno scrittore, ma chi nel tirare le prime botte fa si che io mi metta sulla guardia, ingaggia un duello dal quale uscirà vincitore molto difficilmente. Carissime le prefazioni nelle quali il lettore mi conduce a diporto, apparecchiandomi l’animo e la fantasia a quelle impressioni che io devo ricevere dalla lettura, senza punto parlarmi, se occorre, del libro, o parlandomene assai leggermente e per via generale. Tali prefazioni mi rendono immagine di quelle anticamere con belli a freschi, o altri splendidi addobbi, esaminando i quali molto volentieri t’indugi ad attendere il valletto che deve introdurti nelle stanze più interne. Intanto la