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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/34

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con cui alternano i moti e le pause della danza, compagno che non hanno spesse volte più visto prima di allora, e dopo quell’ora non avranno forse più a rivedere? Mi si dirà che io scrivo in un momento di mal umore: anzi no, e protesto sincerissimamente che intanto i balli mi danno piacere, se mai il caso mi ci getta in mezzo, in quanto so che in quella gioia nulla c’è di reale, che tutti i bei colori di quelle facce effetto sono dell’atmosfera infiammata della sala; che molta di quella mostra di voluttà e di ricchezza è posticcia; che quei legami di persona con persona sono per lo più stretti dell’accidente; e che tutti sanno prima di movere i piedi, anzi prima di venirne al luogo assegnato alla festa, che al cessare della musica, e al primo illanguidire delle faci, quella gioia deve necessariamente finire, smarrirsi quelle tinte vivaci, mancar quella pompa, sciogliersi tutte quelle corrispondenze. E non è come nella vita, in cui la sventura viene a strapparti inopinata al convito ov’eri seduto cogli amici, a torti di mano il bicchiere non ancora vôto, e spesse volte subito dopo il primo sorso. Qui tutto è a tempo; le battute che comandano l’allegrezza sono tante, e non più: e quando la marcia finale intima la partenza, nulla ti giugne all’animo di nuovo o d’improvviso per la via degli orecchi.