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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/37

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della scienza umana altro non è che cognizione di geroglifici. Potrebbe bensì questo misterioso linguaggio farsi utile all’umanità quando, in luogo di prendersi come contenente essa propria la verità, il si tenesse in conto non più che di rappresentazione di quella, e mezzo opportuno a comunicarla o trasfonderla d’uomo in nomo, e tenerla viva per ogni generazione; e ciò s’è veduto e si vede in coloro, la cui umiltà non rimane soffocata da quella che gli uomini chiamano molto impropriamente sapienza; in coloro il cui intelletto è amore, e, intendendo il vero, sentono di non poterlo parlare. Il vero è parola, ma la parola, fu detto da chi non mente, è Dio. Sicchè, a non voler essere novelli Nembrotti, e più presuntuosi dell’antico, che si contentava di accostarsi al cielo senza toccarlo, egli è da lasciare la verità ove risiede da secoli eterni, e reputandoci incapaci a maneggiarla, starcene contenti, che pur è molto, del vagheggiarla.

La storia di tutti i tempi e di tutti i popoli avralora di notabili testimonianze quanto s’è detto finora. Avendo le antichissime nazioni fatte depositarie de’ proprii fasti le costellazioni celesti da essi credute immutabili, e certamente privilegiate di tale durata, appo cui la vita dell’uomo più lunga di un’ora, e oltre alle costellazioni adoperato ogni monumento della natura sempre de’ più magnifici e men perituri, usarono coi´