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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/7

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sempre lo instiga, limitato com’è nelle sue facoltà, e per conseguenza imperfetto ne’ suoi confronti, si appaga dei particolari, senza elevarsi alla considerazione degli universali, e l’opera ch’ei tenta al presente, discorda da quella di ieri, e sarà probabilmente contraddetta da quella che gli verrà in capo di tentar l’indomani. Così è andato e andrà sempre il mondo! Il linguaggio, utilissimo e maraviglioso stromento di comunicazione fra uomo ed uomo, si ebbe sempre per ispecchio nel quale si riflettesse l’immagine della nostr’anima inappressabile al senso; si brigarono a perfezionarlo quanti più v’ebbero ingegni benemeriti dell’umanità; si volle che camminasse di pari passo coll’avanzamento delle cognizioni, che in ogni guisa di sapere si andavano moltiplicando; nulla sembrava più dovesse mancare a poter chiamarlo compiuto, se non nelle individue relazioni, almeno nella generalità de’ principii; e dopo tutto questo? Ecco chi arriva nel secolo de’ maggiori lumi e della maggior pretensione, esclamando: ad altro fine non essere dato il linguaggio fuorché a velare il pensiero.

Che bisogno aveva ella dunque la razza umana di cercar mezzi a manifestar ciò cui le conveniva poscia nascondere? Non fu consiglio di provvidenza che il sacrario de’ nostri pensieri e de’ nostri affetti rimanesse fuori dagli occhi, e non fosse possibile a visitare? O anche in proposito de’ linguaggi si adempie quella legge universale,