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112 il morgante maggiore.

54 La lettera apre e ’l suo tenore intese.
     La lettera dicea: Caro signore,
     Sappi, re Carador, quel ch’è palese,
     Che venuto è Rinaldo traditore
     Nella tua terra e nel tuo bel paese;
     Io te n’avviso, ch’io ti porto amore;
     E seco ha Ulivier, che è uom di razza,
     Col suo compagno Dodon della mazza.

55 E nel campo è di Manfredonio Orlando,
     E l’un dell’altro ben debbe sapere;
     E so che tutt’a due vanno cercando,
     O Carador, di farti dispiacere:
     Vengonvi insieme alla mazza guidando;
     Quanto fia tempo, vel faran vedere:
     Non piace al nostro re qua tradimento,
     Però ch’io ti scrivessi fu contento.

56 Ed ha con seco menato un gigante,
     Che se s’accosta un giorno alle tue mura,
     E’ le farebbe tremar tutte quante;
     Abbi del regno e di tua gente cura:
     E’ son Cristiani, e tu se’ Affricante;
     Guarda che danno non abbi e paura,
     Chè so ch’al fin n’arai da molte bande;
     Or tu se’ savio, e ’ntendi, e ’l mondo è grande.

57 Era quel re pien d’alta gentilezza,
     E ben conobbe ciò che Gan dicea;
     Fece pigliarlo con molta prestezza:
     In questo tempo Rinaldo giugnea,
     Ed ogni cosa con lui raccapezza,
     Ed in sua man la lettera ponea,
     E di Ulivier, ch’è nella sua presenzia,
     Per dimostrare ogni magnificenzia.

58 Quando Rinaldo intese quel ch’è scritto,
     Ringrazia il suo Gesù con sommo affetto;
     A Ulivier si volse tutto afflitto;
     Disse: Tu vedi quel che Gano ha detto.
     La damigella tenea l'occhio dritto,
     Quando sentì che 'l suo amante perfetto
     Era Ulivier, che tanta fama avia;
     Non domandar quanto gaudio sentia.