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Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/152

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canto settimo. 133

74 Questo non vuol per certo il nostro Dio.
     Non sa più che si far Meridiana,
     E disse: Manfredon, se il tuo desio
     È di morir, non voglio esser villana.
     Se tu facessi pel consiglio mio,
     Per salvar te con tua gente Pagana,
     Tu soneresti a raccolta col corno,
     E in oriente faresti ritorno.

75 Poi che non piace al tuo fero destino,
     Ch’io sia pur tua, come tu brami e vogli,
     Perchè pugnar pur contra al tuo Apollino?
     Io veggo il legno tuo fra mille scogli:
     Tórnati col tuo popol Saracino,
     E ’l nodo del tuo amor per forza sciogli.
     A questo Manfredon rispose forte:
     Non lo sciorrà per forza altro che morte.

76 Allor seguì la donzella più avante:
     O Manfredon, di te m’incresce assai;
     E diègli un prezioso e bel diamante:
     Per lo mio amor, dicea, questo terrai,
     Per ricordanza del tuo amor costante,
     E pel consiglio mio ti partirai;
     E se tu scampi, e salvi le tue squadre,
     D’accordo ancor mi ti darà il mio padre.

77 Ogni cosa si placa con dolcezza,
     E chi per forza vuol tirar pur l’arco,
     Benchè sia sorian, sai che si spezza;
     Ogni cosa conduce il tempo al varco;
     E priego te per la tua gentilezza,
     Che tu comporti ogni amoroso incarco,
     E sia contento di qui far partita,
     E in ogni modo conservar la vita.

78 La dipartenza, perch’e’ non ci avanza
     Tempo, ch’io veggo morir la tua gente,
     Tra noi sia fatta, e questo sia bastanza,
     Poi che più oltre il Cciel non ci consente;
     E quel gioiel terrai per ricordanza,
     Ch’io t’ho donato, sempre in oriente:
     E se fortuna e ’l ciel t’ha pure a sdegno,
     Aspetta tempo, e miglior fato e segno.

I. 12