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canto nono. 163

13 Con gran sospir lasciò Meridiana
     Ulivier certo in questa dipartenza,
     Con isperanza, al mio parer, pur vana.
     Re Carador con gran magnificenza,
     Con molta gente d’intorno pagana,
     Poi che più far non potè resistenza,
     Gli accompagnò con tutta sua famiglia
     Fuor della terra più di dieci miglia.

14 Pur finalmente toccò lor la mano,
     E quanto può di nuovo a lor s’è offerto;
     Via se ne vanno per paese strano,
     E come e’ furno entrati in un deserto,
     Subitamente quel lion silvano
     Da lor fu disparito, e questo è certo:
     E volse a tutti in un punto le spalle,
     E fuggì via per una scura valle.

15 Disse Rinaldo: Caro cugin mio,
     Vedi il lion com’è da noi sparito!
     Questo miracol ci dimostra Iddio,
     Non è sanza cagion così fuggito;
     Ma quel Signor, ch’è in ciel verace e pio,
     A qualche fine buon l’ha consentito.
     Rispose Orlando: Se ’l tuo dir ben noto,
     Molto se’ fatto, al mio parer, divoto.

16 Lascialo andar con la buona ventura,
     Chè ’l suo partir più che ’l venir m’è caro,
     Chè molte volte m’ha fatto paura.
     Così molte giornate cavalcaro,
     Tanto ch’al fin d’una lunga pianura
     Un giorno in Danismarca capitaro;
     Questo paese Erminion tenia,
     Ch’a Montalbano è con sua compagnia.

17 Poi ch’egli ebbon salito sopra un monte,
     Si riscontrorno in Saracini armati;
     E poi che furno più presso da fronte,
     Furon da questi baroni avvisati,
     Che il lor signor si chiama Fieramonte,
     E quattromila avea seco menati,
     Uomini tutti maestri da guerra,
     Ch’a visitare andava una sua terra.