4 Rinaldo non istette mai a udire
Le mie ragion, ma furiando forte
Mi minacciava di farmi morire:
Io mi fuggi’, temendo della morte;
Tu ti stai in festa, ed io con gran martire:
E tanto tempo è pur ch’io fui in tua corte
De’ tuo’ baroni, e del tuo gran consilio;
Or m’hai scacciato e mandato in esilio.
5 Carlo lesse la lettera piangendo,
Però che molto Ganellone amava:
Ed ogni cosa per fermo tenendo
Che gli scriveva, in drieto rimandava,
Dicendo: Il tuo partir, Gan, non commendo,
E la distanzia tua troppo mi grava;
Torna a tua posta, e come caro amico,
Come stato mi se’ pel tempo antico.
6 Gan ritornò, come scriveva Carlo;
Carlo lo vide molto volentieri,
E corse, come ’l vide, ad abbracciarlo:
Ben sia tornato il mio Gan da Pontieri.
Gan come Giuda in fronte usa baciarlo.
Dicea Rinaldo al marchese Ulivieri:
Vedi che Carlo consente che torni,
E ritornianci pur ne’ primi giorni.
7 Io vo’ che ’l capo Carlo Man mi tagli,
Se non è quel ch’a Caradoro ha scritto,
E che lo ’mbasciador fece mandàgli:
Non so come guardar lo può diritto;
Ma metter lo potria in tai travagli,
Che qualche volta piangerà poi afflitto.
Così pareva al marchese ed Orlando;
Tutta la corte ne vien mormorando.
8 Ma come avvien che sempre la fortuna
Si diletta veder diverse cose,
E sempre volge, come fa la luna;
Mentre che Carlo par così si pose,
Sanza più dubitar di cosa alcuna,
Ma sanza spine godersi le rose,
Ed ognidì fa giostre e torniamenti,
E tutti i suoi baron vede contenti;