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242 il morgante maggiore.

119 E’ gl’increscea di Carlo quanto puote,
     E di Rinaldo dubitava forte;
     E per pietà ne bagnava le gote,
     Che non gli dessi alla fine la morte,
     Perch’era vecchio, e lui pur suo nipote.
     E sa che guasta sarebbe la corte.
     Così furno alcun giorno dimorati,
     E’ Maganzesi morti, e chi scacciati.

120 Rinaldo pure Orlando ritoccava,
     Che si dovessi con ogni supplizio
     Uccider Gan, che così meritava,
     E che dovessi a lui dar quest’uffizio:
     Astolfo d’altra parte il domandava
     Di grazia in luogo di gran benefizio,
     Che di sue ingiurie far volea vendetta:
     Orlando rispondea, che Carlo aspetta.

121 E che farebbe sì crudel giustizia
     Di lor, ch’ognun ne sarebbe contento.
     Gan nel suo core avea molta tristizia,
     E dubitava di molto tormento,
     Come colui ch’è pien d’assai malizia.
     Orlando, ch’era savio a compimento,
     E di Rinaldo conoscea l’umore,
     Lasciava pur raffreddarlo nel core.

122 Dopo alcun giorno, quando tempo fue,
     Gli cominciò così parlando a dire:
     Di Carlo, omai, dimmi che credi tue?
     Per disperato dovette morire;
     Ucciso si sarà colle man sue;
     Fuor di Parigi non si vide uscire:
     E quel che più mi dà perturbazione,
     È che stanotte il vidi in visione.

123 E’ mi pareva, a vederlo nel volto,
     Che fussi tutto afflitto e doloroso,
     Di quel color ch’è l’uom quando è sepolto;
     La barba e ’l petto tutto sanguinoso,
     E tutto il capo arruffato e ravvolto;
     E con un atto molto disdegnoso
     Mi guardassi nel viso a mano a mano
     Un Crocifisso ch’egli aveva in mano.