83 Con sette capi l’idra, e la cerastra,
La vipera scoppiar nel partorire;
La serpe si vedea prudente e mastra
Tra sasso e sasso della scoglia uscire;
L’aspido sordo, freddo più che lastra,
Che con la coda voleva ferire;
La biscia, la cicigna, e poi il ramarro,
E molti altri serpenti ch’io non narro.
84 Ienna vediesi della sepultura
Cavare i morti rigida e feroce,
La qual si dice, che v’ha posto cura,
Ch’ella sa contraffar l’umana voce;
La cientro colla faccia orrida e scura,
E iacul tanto nel corso veloce,
E la farea crudel che per Libia erra:
L’ultima cosa è la talpa sotterra.
85 Poi si vedeva andar pel mondo errando
Ceres dolente, misera e meschina,
E in ogni parte venia domandando,
S’alcun veduto avessi Proserpina;
Dicendo: Io l’ho perduta, e non so quando.
E la fanciulla bella e peregrina
Vedevasi di rose e violette
Contesser vaghe e gentil grillandette;
86 Poi si vedea Pluton, che la rapia.
E così stava il padiglione adorno;
I carbonchi e le gemme, ch’egli avia,
Facean d’oscura notte parer giorno,
Tal che sì bel mai più vide Soria:
Trecento passi o più girava intorno,
Le corde aveva e gli altri fornimenti
Di seta e d’oro, e più che ’l Sol lucenti.
87 Non si potea saziar di mirar fiso
Rinaldo il padiglion; poi disse: Certo
Questo fe Luciana in paradiso,
Non fu già Filomena in un deserto:
Nè mai sarà il mio cor da lei diviso,
E so che per me stesso ciò non merto;
Ma minor dono e di manco eccellenzia
Non si conviene a tua magnificenzia.