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298 il morgante maggiore.

83 Con sette capi l’idra, e la cerastra,
     La vipera scoppiar nel partorire;
     La serpe si vedea prudente e mastra
     Tra sasso e sasso della scoglia uscire;
     L’aspido sordo, freddo più che lastra,
     Che con la coda voleva ferire;
     La biscia, la cicigna, e poi il ramarro,
     E molti altri serpenti ch’io non narro.

84 Ienna vediesi della sepultura
     Cavare i morti rigida e feroce,
     La qual si dice, che v’ha posto cura,
     Ch’ella sa contraffar l’umana voce;
     La cientro colla faccia orrida e scura,
     E iacul tanto nel corso veloce,
     E la farea crudel che per Libia erra:
     L’ultima cosa è la talpa sotterra.

85 Poi si vedeva andar pel mondo errando
     Ceres dolente, misera e meschina,
     E in ogni parte venia domandando,
     S’alcun veduto avessi Proserpina;
     Dicendo: Io l’ho perduta, e non so quando.
     E la fanciulla bella e peregrina
     Vedevasi di rose e violette
     Contesser vaghe e gentil grillandette;

86 Poi si vedea Pluton, che la rapia.
     E così stava il padiglione adorno;
     I carbonchi e le gemme, ch’egli avia,
     Facean d’oscura notte parer giorno,
     Tal che sì bel mai più vide Soria:
     Trecento passi o più girava intorno,
     Le corde aveva e gli altri fornimenti
     Di seta e d’oro, e più che ’l Sol lucenti.

87 Non si potea saziar di mirar fiso
     Rinaldo il padiglion; poi disse: Certo
     Questo fe Luciana in paradiso,
     Non fu già Filomena in un deserto:
     Nè mai sarà il mio cor da lei diviso,
     E so che per me stesso ciò non merto;
     Ma minor dono e di manco eccellenzia
     Non si conviene a tua magnificenzia.