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canto decimosesto. 343

92 Ah, disse Orlando, come esser può questo,
     Come può farlo altro che solo Dio,
     Che sia di qui partito così presto?
     O Ulivieri, o Ricciardetto mio,
     Forse che avvolto avete ora il capresto!
     Or se’ contento, cugin pazzo e rio?
     Or si vendicherà il Soldan de’ torti;
     Io ne farò vendetta, se gli ha morti.

93 Qui si bisogna subito riparo,
     E tempo non è più d’essere amante.
     E finalmente d’accordo ordinaro,
     Che Chiariella sposassi Balante,
     E ’l regno a questi a governo lasciaro:
     E Luciana col suo Balugante
     A Saragozza a Marsilio tornassino,
     E per lor parte assai lo ringraziassino.

94 E ben conobbe Luciana, e vede
     Ch’al suo Rinaldo era uscita del core;
     Contenta si partì, come ognun crede,
     E disse fra se stessa: Ingrato Amore,
     È questo il merto di mia tanta fede?
     Così va chi si fida in amadore.
     E ritornossi assai dogliosa al padre
     Con Balugante e con le loro squadre.

95 Ordinato la terra, si partiro
     Rinaldo, Orlando, e ’l suo caro scudiere,
     E per diverse vie cercando giro,
     Dove sien del Soldan le sue bandiere.
     Una mattina in un bosco apparire,
     Dove s’andava per istran sentiere,
     Per ispelonche, per burroni e balze,
     Dove vanno le capre appena scalze.

96 E come furno in mezzo del deserto,
     Cinque giganti trovorno assassini,
     Che tutto quel paese avien diserto,
     Tanto che presso non v’è più vicini:
     In una grotta in un luogo coperto
     Si riducevan come malandrini,
     E una damigella avien con loro
     Tutta angosciosa, e con assai martoro.