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canto secondo. 25

14 Ed evvi un re di molta gagliardia,
     Manfredonio appellato dalla gente;
     Costui si muor per la dama giulia8,
     E fa gran cose, come amor consente,
     Ed ha con seco tutta Pagania,
     Per acquistar questa donna piacente:
     Dicon che v’è di paesi lontani
     Cenquaranta migliaia di pagani.

15 E quel re Carador n’ha forse ottanta
     Di gente Saracina, ardita e forte,
     E Manfredonio ogni giorno si vanta
     D’aver questa donzella, o d’aver morte;
     Ed or trabocchi, ed or bombarde9 pianta;
     Ogni dì corre insino in sulle porte.
     Il conte Orlando, quando questo intese,
     Non domandar quanto desio l’accese.

16 E dopo molte cose ragionate,
     Di nuovo la licenzia ridomanda,
     Dicendo nuovamente al santo abate,
     Ch’alle sue orazion si raccomanda;
     Che vuol trovarsi fra le gente armate
     In quel paese là, ov’e’ lo manda;
     Che li lassassi andar colla sua pace.
     Disse l’abate: Sia come a voi piace.

17 Contento son, se tanto v’è in piacere;
     Voi avete apparata la magione,
     Sarò sempre fidato, e buon ostiere;
     Ciò che c’è, è del figliuol di Milone,
     Ma non bisogna tra noi profferere;
     A tutti do la mia benedizione:
     Così da Chiaramonte lacrimando
     Si dipartirno Morgante ed Orlando.

18 Per lo deserto vanno alla ventura:
     L’uno era a piede, e l’altro era a cavallo;
     Cavalcon per la selva e per pianura,
     Sanza trovar ricetto o intervallo10:
     Cominciava a venir la notte oscura:
     Morgante parea lieto sanza fallo,
     E con Orlando ridendo dicia:
     E’ par ch’io vegga appresso un’osteria.