14 Disse Rinaldo: E’ fia di Satanasso
Il cuoio che ’l serpente porta addosso,
Poi che di punta col brando nol passo,
E che col taglio levar non ne posso;
E lascia pur la spada andare in basso,
Credendo a questo tagliare al fin l’osso:
Frusberta balza, e faceva faville;
Così de’ colpi gli diè forse mille.
15 E quel lione lo teneva pur fermo,
Quasi dicessi: S’io lo tengo saldo,
Non ará sempre a ogni colpo schèrmo:
Ma poi che molto ha bussato Rinaldo,
E conoscea che questo crudel vermo
L’ offendea troppo col fiato e col caldo,
Se gli accostava, e prese un tratto il collo,
E spiccò il capo, che parve d’ un pollo.
16 Fuggito s’ era Ulivieri e Dodone,
Che i lor destrier non poteron tenere:
Come e’ fu morto quel fiero dragone,
Balzato il capo e caduto a iacere,
Verso Rinaldo ne venne il lione,
E cominciava a leccare il destriere:
Parea che render gli volessi grazia;
Di far festa a Rinaldo non si sazia.
17 Ed avviossi con esso alla briglia.
Rinaldo disse: Vergin graziosa,
Poi che mostrata m’hai tal maraviglia,
Ancor ti priego, Regina pietosa,
Che mi dimostri onde la via si piglia
Per questa selva così paurosa
Di ritrovare Ulivieri e Dodone,
O tu mi fa fare scorta al lione.
18 Parve che questo il lione intendessi,
E cominciava innanzi a camminare,
Come se, drieto mi verrai, dicessi:
Rinaldo si lasciava a lui guidare,
Chè boschi v’ eran si folti e si spessi,
Che fatica era il sentiero osservare:
Ma quel lione appunto sa i sentieri,
E ritrovò Dodone e Ulivieri.