147 Ecco che tu non hai goduto il regno,
Che tu togliesti al signor nostro antico,
Ch’andato è per lo mar con un sol legno
Già tanto tempo, povero e mendico:
Or vedi quanta forza ha il giusto sdegno!
Guardisi ognun da popol suo nimico,
Ch’io credo, che sia pur più su che ’l tetto,
Chi vede e ’ntende ogni nostro concetto.
148 Poi si levò fra tutti un gran romore,
E fu levato da caval di peso
Orlando, e volean pur farlo signore:
Orlando quanto può s’è vilipeso,
Dicendo: Io non sono uom da tanto onore,
E questo cavalier v’ha lui difeso,
Che venne il primo a combattere al campo,
Poi mi prestò il caval per vostro scampo;
149 Io non gli sarei buon drieto ragazzo.
Adunque il duca Astolfo fu menato,
E fatto lor signor drento al palazzo,
E vuol con seco Orlando sempre allato;
E tutto lieto è questo popol pazzo,
Ed Astolfo è da tutti molto amato;
Un’altra volta il crucifiggeranno,
E chiameran crudel questo e tiranno.
150 Tant’è che spesso è util disperarsi,
E fassi per isdegno di gran cose;
Astolfo si sta ora a riposarsi,
Non va più per le selve aspre e nascose,
E non potea con Orlando saziarsi
Di commendar sue opre alte e famose,
E non conosce ancor chi sia costui,
E parla tuttavia con esso lui.
151 Diceva Orlando: Io voglio in cortesia,
Che tu mi dica se tu se’ Pagano,
E ’l nome tuo. Astolfo rispondia:
Chiamar mi fo per tutto Galliano,
E nacqui di buon sangue in Barberia;
Cercato ho tutto iol mondo, il poggio e il piano,
E ’nsino a qui poca ventura ho avuto,
Se non che tu vedi or quel ch’è accaduto.