84 La nostra legge ciò non ci consente,
Che quando un si volessi battezzare,
Noi lo dobbiamo uccider per niente:
Non sel potendo dinanzi levare,
Per questo ch’io ti dico, onestamente,
E pure Antea volendo satisfare,
Condusselo alla mazza a questo inganno.
E’ pesciolini a Monaca lo sanno.
85 Però troppo mi son maravigliato,
Come voi siate stato in tanto errore
A creder ciò che Rinaldo ha parlato.
Or non bisogna insegnare al signore,
Massime avendo il nimico ingabbiato:
Io vi conforto a tutti fare onore;
E sopra tutto a questo esser discreto,
Che ciò ch’io ho detto tra noi sia segreto.
86 E dipartissi questo maladetto,
E disse fra suo cuor: S’io non son matto,
Credo che sgocciolato sia il barletto.
Diliante rimase stupefatto,
E fece sopra ciò più d’un concetto,
Come più netto riuscissi il tratto,
Che rimanessi alla lasca la lontra,
Chè ciò, che Gan gli ha detto, si riscontra.
87 E come savio, una sera cenando,
Disse così, ch’è malizioso e tristo:
Questo baron come si chiama, Orlando?
Forse che ’l nome ha ancor maumettisto?
E poi più oltre venía seguitando:
Non disse nella cena il vostro Cristo:
Colui che meco nel catino intigne,
Mi dè’ tradire, anzi ha tradito, e figne?
88 Rispose Orlando: Questo che vuol dire?
Disse il Pagan: Sanza cagion nol dico:
Colui c’ha a far, non suol molto dormire,
Ma sempre investigar del suo nimico:
Ben sapea ben chi ci dovea venire,
Ch’a Monaca e Corniglia ho qualche amico:
Colui ch’uccise il Veglio, quel gigante,
Mi par poco maggior che Diliante.