114 Or ritorniamo a’ Pagan, che stupiti
Per maraviglia tenean gli occhi all’erta.
Diceva Antea: Costor dove son iti?
Chè la fiamma dal fumo era coperta:
Son così tosto due monti spariti?
E non poteva ignuna cosa certa
Sapere ancor della lor morte súbita,
Se non che pur di Malagigi dubita.
115 Ma poi che vide il segno del Quartiere,
E ’ntese ben che ’l conte Orlando è questo,
E riconobbe l’elmetto e ’l cimiere;
Fecesi innanzi con sue gente presto,
E dismontata in terra del destriere,
Abbraccia Orlando quanto parve onesto,
Che già di Vegliantino smontato era,
Ed alzato dell’elmo la visiera.
116 Poi gli diceva con destre parole:
Che caso è questo de’ giganti strano!
Malagigi può tanto, quanto e’ vuole:
Non so se s’è in Parigi o in Montalbano;
E’ far fermare in ciel la Luna e ’l Sole:
Ma questo è poco onor di Carlo Mano;
Io mi credea co’ paladin di Francia
Combatter con la spada e con la lancia.
117 Non son venuta qua, come Michele,
A combatter, Orlando, con gli spirti;
Che se col fuoco infernale e crudele
Ci struggi, a me bisogna acconsentirti,
Calar le sarte e raccoglier le vele:
Ma non è certo di lauro e mirti
Questa corona che tu metti a Carlo,
Che si vuol d’altra gloria coronarlo.
118 Rispose Orlando: Il Marchese di Vienna
Mi salutò per tua parte, Madama,
E che tu se’ ritornata m’accenna
Per acquistare in Francia onore e fama,
E far che corra di sangue ancor Senna:
Veggiam se giusta cagion qua ti chiama:
Io so che del Soldan mi dolse e duole,
Ma voler si convien quel che ’l ciel vuole.