104 E l’elmetto pel colpo gli era uscito:
Il Saracin se gli scagliava intanto
Addosso, che pensò che sia fornito.
Orlando, ch’a veder era da canto,
Gridò: Pagan, se’ tu del senno uscito?
Or che non ha più l’elmo, o ’l brando, al guanto,
Gli credi addosso andar co’ mazzafrusti,
Come un gaglioffo10 vil che sempre fusti?
105 E volle dargli un colpo con la spada.
Quando il gigante Orlando irato vide,
Diceva: E’ non è buon che innanzi vada,
Chè questa spada il porfiro divide.
Quando Rinaldo a queste cose bada,
Per la vergogna il cuor se gli conquide,
E ripigliato alquanto di vigore,
Verso il Pagano andò con gran furore.
106 Rizzossi in sulle staffe, e ’l brando strinse,
E Salicorno trovò in sul cappello;
E fu tanto la rabbia che lo vinse,
Che lo tagliò come il latte il coltello;
Non domandar quanto sdegno il sospinse;
E spezza il teschio duro, e poi il cervello
E ’l collo e ’l petto, e fecene due parti,
Che così appunto non tagliano i sarti.
107 Cadde il gigante dell’alfana in terra:
Fece un fracasso, come quando taglia
Il montanaro e qualche faggio atterra.
I Saracin che son nella battaglia,
Chi qua chi là per le fosse al buio erra;
Ognuno inverso le porte si scaglia,
Veggendo Salicorno giù cadere,
Che lo sentì chi nol potea vedere.
108 Combattevon a lumi di lanterne
Costor la notte, e fiaccole di pino;
Sì che molti restàr per le caverne,
Chi morto, e chi ferito, e chi meschino:
Nostri cristian quanti potien vederne,
Tanti uccidien del popol saracino:
Buon per colui che fu prima alle porte,
Chè tutti que’ da sezzo ebbon la morte.