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254 il morgante maggiore.

39 Molte altre cose ancor Ganellon disse,
     Che fe’ maravigliar chi intorno ascolta,
     E replicò tutte le guerre o risse,
     Che Demostene parve a quella volta;
     E donde prima l’origin venisse;
     Tanto che fu questa orazion raccolta
     E scritta, e molto commendato quello
     Chè gl’intinse la lingua nel cervello.

40 E tentò insin della Fede Marsilio,
     Dicendo: A te sol una cosa or manca,
     Perchè l’anima tua ne va in esilio,
     Giù nell’Inferno, dove è Malabranca;
     Ricognoscere il padre vero e ’l filio:
     (Guarda se potea poi ciurmare in panca!)
     Che se tu confessassi il ver Vangelo,
     Tu saresti felice al mondo e in cielo.

41 Tutto faceva il traditor con arte,
     Ch’un certo Santaficca parer vuole:
     Marsilio, come e’ venne a questa parte,
     Mostrò che l’avea tocco dove e’ duole,
     E disse: Ognun si legga le sue carte,
     Chè cognobbe di Gan ben le parole:
     E fece la risposta egregia e magna
     Di Carlo, e della pace, e della Spagna.

42 Poi finse una sua certa novelletta:
     In una selva presso a Siragozza,
     Per quel ch’io udi’ già dir sendo in Tolletta,
     Dove ogni nigromante si raccozza,
     È una buca nello entrare stretta,
     Ma poi sotterra molto spazio ingozza,
     Dove stanno a guardar sei gran colonne
     Certi spirti gentil con varie gonne.

43 L’una colonna dicon che par d’oro,
     L’altra d’argento, e poi rame, e poi ferro;
     L’altra è di stagno tutto puro e soro,
     E l’ultima di piombo, s’io non erro:
     Io non credetti alcun tempo a costoro,
     Però che il ver con la ragion l’afferro;
     Sì che già molti vi mandai in effetto,
     E ritornati, così m’hanno detto: