159 E poeti e filosofi e morali,
Queste cose, ch’io dico, anche non sanno,
Ma la presunzion vuol de’ mortali
Saper le gerarchie come elle stanno;
Io ero Serafin, de’ principali,
E non sapea quel che qua giù detto hanno
Dionisio e Gregorio, ch’ognun erra
A voler giudicare il ciel di terra.
160 E sopra tutto a questo ti bisogna
Non ti fidar di spiriti folletti,
Che non ti dicon mai se non menzogna,
E metton nella mente assai sospetti,
E farebbon più danno che vergogna:
E perchè intenda, e’ non vengon costretti
Nell’acqua o nello specchio, e in aria stanno,
Mostrando sempre falsitate e inganno.
161 Vannosi l’un con l’altro poi vantando
D’aver fatto parer quel che non sia:
Chi si diletta ir gli uomini gabbando,
Chi si diletta di filosofia,
Chi venire i tesori rivelando,
Chi del futuro dir qualche bugia;
Sì ch’io t’ho letto un gentil mio quaderno,
Chè gentilezza è bene anche in inferno.
162 Or basti, disse Malagigi, questo:
Dimmi al presente quel che fa Marsilio.
Disse Astarotte: Io tel dirò e presto:
A Siragozza ha chiamato a concilio
Il popol tutto, e veggo manifesto
Gran gente d’arme e di molto navilio
Apparecchiarsi, e lui nel volto lieto,
Ma non dice a persona il suo secreto.
163 Potresti tu ritrar qualche parola
Di Falserone o del re Bianciardino?
Disse Astarotte: E’ basta questa sola,
Che qualche tradimento m’indovino.
Or non più, disse Malagigi, vola,
E piglia inverso Rinaldo il cammino,
E porta in Roncisvalle, ov’io t’ho detto,
Quanto più presto lui con Ricciardetto.