204 Disse Astarotte: E’ fia per certo: aspetta
Tanto ch’io mandi insino in Etiopia;
E porteratti uno spirto un’erbetta,
Che può far questo, e non pure elitropia;11
E basta sol ch’addosso te la metta,
Chè così è la sua natura propia;
E dove manca ragione o scienzia,
Basta al savio veder la sperienzia.
205 E poi si volse a un certo scudiere,
E disse: Va’ per questa erba, Milusse.
Rinaldo guarda, e non seppe vedere
Con chi quel parli, e paura gl’indusse.
Disse Astarotte: Io intendo il tuo tacere:
Non chiamerei, se qualcun non ci fusse:
Sappi ch’io ho mille demon qui intorno,
Che m’accompagnon di notte e di giorno.
206 Disse Rinaldo: Adunque io son nel gagno11a
De’ diavoli! or su, qui siam, che fia?
Disse Astarotte: Ognun fia buon compagno,
O buon briccon, tu il vedrai per la via;
Ed ogni dì qualche convito magno
Vedrai sempre, e parata l’osteria,
E chiederai tu stesso le vivande,
Ch’io ti darò mangiare altro che ghiande.
207 Noi abbiam come voi, principe e duce
Giù nell’inferno, e ’l primo è Belzebue;
Chi una cosa, chi altra conduce,
Ognuno attende alle faccende sue;
Ma tutto a Belzebù poi si riduce,
Perchè Lucifer religato fue
Ultimo a tutti e nel centro più imo,
Poi ch’egli intese esser nel ciel su primo.
208 E se vuoi pur che il ver presto ti dica,
Non ti fidar di noi se non col pegno,
Perchè alla vostra natura è nimica
La nostra per invidia e per isdegno;
Tu mi dai di portar questa fatica,
Io fui già Serafin più di te degno;
Or, per piacere al nostro Malagigi,
Vedi ch’io fo di bastagio12 i servigi.