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canto ventesimoquinto. 297

254 E capitorno al fiume detto Beti,
     Presso a Cordoba antica, in un momento,
     Ove dicon gli storici e i poeti
     Nacque Avicenna, quel che il sentimento
     Intese d’Aristotile e i segreti,
     Averroìs che fece il gran comento:
     Ma questo all’uno ed all’altro cavallo
     Credo che fussi un saltellin da ballo.

255 Egli avevon disposto di saltare:
     Orsù, noi salteremo anche Guadiana,
     Un altro fiume che s’avea a passare,
     Che dagli antichi appellato fu Ana;
     Là dove Castulion posson mirare,
     Città famosa in quel tempo pagana:
     Ed anche il Tago più oltre saltorno,
     Presso a Tolletto, al cominciar del giorno.

256 Che dirai tu, lettor, che un nigromante,
     Sendo in Tolleto, avea chiamato a caso
     Quello spirto ch’io dissi, Rubicante?
     Il qual verso lo Egitto era rimaso
     A tentar quel signore o ammirante;
     E sendo dal maestro persuaso,
     Di saper quel che Marsilio facea,
     Molte cose di lui dette gli avea.

257 E mentre col maestro suo favella,
     Vede Rinaldo, e vede Ricciardetto
     Che fuor della città passano in quella;
     E perchè e’ sa di costoro ogni effetto,
     Disse: Marsilio arà trista novella,
     Tanto ch’io ho del suo regno sospetto;
     Chè di qua passa, mentre io ti rispondo,
     Il miglior paladin ch’abbi oggi il mondo.

258 Ed ha con seco un suo gentil fratello,
     Che Ricciardetto per nome è chiamato,
     E portagli Astarotte e Farferello,
     Chè così Malagigi ha ordinato:
     Rinaldo, il paladin ch’io dico, è quello,
     Che in Roncisvalle ne va difilato;
     E farà de’ Pagan crudel governo,
     Sì che doman trionferà lo ’nferno.