314 Ed un serpente è detto Catoblepa,
Che va col capo in terra e con la bocca
Per sua pigrizia, e par col corpo repa;
Secca le biade, e l’erba, e ciò che tocca,
Tal che col fiato il sasso scoppia e crepa,
Tanto caldo velen da questo fiocca;
Col guardo uccide periglioso e fello,
Ma poi la donnoletta uccide quello.
315 Icneumone, poco animal noto,
Coll’aspido combatte, e l’armadura
Prima si fa tuffandosi nel loto;
Dormendo il coccodrillo, il tempo fura,
E in corpo gli entra come in vaso voto;
Però che tiene aperta per natura
La bocca, quando di sonno ha capriccio,
E lascia addormentarsi dallo scriccio.
316 Un’altra bestia, che si chiama Eale,
La coda ha d’elefante, e nero e giallo
Il dosso tutto, e dente di cinghiale,
Il resto è quasi forma di cavallo;
E ha due corni, e non par naturale,
Chè può qual vuole a sua posta piegallo;
Come ogni fera talvolta dirizza
Gli orecchi e piega per paura o stizza.
317 Ippotamo, animal molto discreto,
Quasi cavallo o di mare o di fiume,
Entra ne’ campi per malizia a drieto;
E se di sangue superchio presume,
Cercando va dove fusse canneto
Tagliato, e pugne, come è suo costume,
La vena e purga l’umor tristo allotta,
Poi risalda con loto ov’ella è rotta.
318 E non ti paia opinion qui folle
Che da quel tratto è la flobotomia,
Perchè Natura benigna ci volle
Insegnar tutto, per sua cortesia;
Non si passa di questo, se non molle,
Il cuoio, tanto duro par che sia;
Co’ denti quasi di vetro ferisce,
E con la lingua forcuta annitrisce.