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canto ventesimosettimo. 359

67 E tanto insieme per lo stormo vanno
     Orlando ed Ulivier ferendo forte,
     Che molti Saracin traboccar fanno;
     Ma Ulivier già presso era alla morte:
     E poi che ’l padiglion ritrovato hanno,
     Diceva Orlando: Io vo’ che ti conforte;
     Aspetta, Ulivier mio, che a te ritorno,
     Chè in su quel poggio vo a sonare il corno.

68 Disse Ulivieri: Omai non ti bisogna;
     L’anima mia da me già vuol partire,
     Chè ritornare al suo Signore agogna.
     E non potè le parole espedire,
     Come chi parla molte volte e sogna;
     E bisognò quel che e’ voleva dire
     Per discrezion intender, chè Alda bella
     Raccomandar volea, la sua sorella.

69 Orlando, sendo spirato il Marchese,
     Parvegli tanto solo esser rimaso,
     Che di sonar per partito pur prese,
     Acciò che Carlo sentissi il suo caso;
     E sonò tanto forte, che lo intese,
     E ’l sangue uscì per la bocca e pel naso,
     Dice Turpino, e che il corno si fesse
     La terza volta che a bocca sel messe.

70 Il caval d’Ulivier niente aspetta,
     E ritornò nel campo tra’ Pagani,
     Come chi fa del suo signor vendetta,
     E morde per tre lupi e per sei cani,
     E molta gente co’ calci rassetta,
     E con le zampe s’arrosta i tafani.
     Ma Ricciardetto, come vide questo,
     Giudicò d’Ulivieri il caso presto.

71 Rinaldo la battaglia ancor teneva:
     Balugante e Marsilio era fuggito,
     Il qual con Bianciardin fece alto lieva,
     Come il corno d’Orlando ebbe sentito;
     E drento nella mente si rodeva,
     Che del suo Zambuger nulla ha udito,
     Qual per febbre lion si rode in gabbia:
     Dunque giusto martir par la sua rabbia.