194 Poi si cavò di dosso la schiavina,
E scaricò la cammella a giacere,
E trasse quivi fuori una cucina:
Apparecchiò alle spese dell’ostiere;
Ch’avea recato insino alla salina,47
E tazze ed altre vasella da bere:
Al liocorno abbruciò le caluggine,48
E fece uno schidon d’un gran peruggine.49
195 Cosse la bestia, e pongonsi poi a cena:
Morgante quasi intera la pilucca,
Sì che Margutte n’assaggiava appena,
E disse: Il sal ci avanza nella zucca:
Per Dio, tu mangeresti una balena,
Non è cotesta gola mai ristucca:
Io ti vorrei per mio compagno avere
A ogni cosa, eccetto ch’al tagliere.
196 Disse Morgante, io vedevo la fame
In aria come un nugol d’acqua pregno,
E certo una balena con le squame
Arei mangiato sanza alcun ritegno,
O vero un liofante con l’ossame;
Io rido che tu vai leccando il legno.
Disse Margutte: Stu ridi, ed io piango,
Che con la fame in corpo mi rimango.
197 Quest’altra volta io ti ristorerò,
Dicea Morgante, per la fede mia.
Dicea Margutte: Anzi ne spiccherò
La parte ch’io vedrò che giusta sia,
E poi l’avanzo innanzi ti porrò,
Sì ch’e’ possi durar la compagnia:
Nell’altre cose io t’arò riverenza,
Ma della gola io non v’ho pazienza.
198 Chi mi toglie il boccon, non è mio amico,
Ma ogni volta par mi cavi un occhio:
Per tutte l’altre volte te lo dico,
Ch’io vo’ la parte mia insino al finocchio,
S’a divider s’avessi solo un fico,
Una castagna, un topo, o un ranocchio.
Morgante rispondea: Tu mi chiarisci
Di bene in meglio, e com’oro affinisci.